Una recente indagine condotta dall’istituto di ricerca tedesco Markteffect per Goodhabitz si è concentrata sull’importanza che i lavoratori attribuiscono allo sviluppo personale in azienda.
Lo studio ha cercato di capire non solo quanto conti, per i lavoratori di oggi, la crescita personale attraverso la formazione aziendale, ma anche quali sono gli argomenti che vorrebbero approfondire, e verso quali modalità di apprendimento si sentono più propensi.
L’indagine, di respiro europeo, ha coinvolto circa 12.000 lavoratori, di età compresa tra i 25 e i 55 anni, attivi in differenti ruoli, all’interno di aziende di dimensioni e settori diversi. Di questi un migliaio erano italiani. L’istituto di ricerca ha sentito inoltre circa 2.700 responsabili HR e L&D europei, di cui circa 400 italiani.
Leggere i dati raccolti, in particolare quelli relativi al nostro paese, può aiutare chi si occupa di gestione di risorse umane e formazione aziendale a conoscere meglio le esigenze e le aspettative di una classe di lavoratori che si sta evolvendo, sempre più consapevole del proprio ruolo.
Quanto è importante la crescita personale?
Il primo dato incontrovertibile che emerge dallo studio è che la crescita personale è molto importante per i lavoratori: lo dichiarano ben il 70% degli intervistati, e il 72% ritiene importante lavorare in un’organizzazione che si impegni in questo senso.
Non solo, quindi, la formazione è una priorità per i dipendenti, ma si aspettano che sia il proprio datore di lavoro ad offrire loro l’opportunità di acquisire nuove competenze.
Il 67% è d’accordo con l’idea che lo sviluppo personale sia estremamente importante per continuare a lavorare con soddisfazione, il che significa che la crescita personale ha un peso notevole anche nella scelta di rimanere in un’azienda o cercare opportunità altrove.
La formazione aziendale attuale è sufficiente?
Sul fatto che si faccia formazione nelle aziende non ci piove: nel complesso, più dell’80% degli intervistati dichiara di poter seguire programmi di formazione online, offline o blended. Il 17% però non ha accesso a nessuna formazione. E seppur non altissima, non si può dire che questa sia una percentuale del tutto irrisoria.
Il problema è che, di questi, chi ha fatto richiesta alla propria azienda di seguire corsi di formazione per il proprio sviluppo personale, nel 60% dei casi dichiara di non essersi sentito ascoltato. Non è stata data sufficiente importanza alla sua richiesta. O almeno questa è stata la sua percezione.
Il dato colpisce soprattutto se paragonato a quanto sostengono le aziende: il 90% dei responsabili HR intervistati dichiara di prendere con la dovuta attenzione le richieste di formazione che provengono dai loro dipendenti e collaboratori.
E’ chiaro che c’è un disallineamento tra aziende e dipendenti, tra domanda e offerta, ed è importante che sia emerso, perché è proprio da qui che le aziende devono partire per ripensare i loro piani di formazione.
Di chi è la responsabilità della formazione?
Il 63% degli intervistati ritiene che il datore di lavoro sia responsabile della formazione dei propri dipendenti, ma più o meno la stessa percentuale riconosce che spetta anche allo stesso lavoratore impegnarsi nel proprio percorso di apprendimento.
E’ un dato positivo che la formazione sia sentita come una responsabilità condivisa, in cui sia azienda che lavoratore debbano mettersi attivamente in gioco. Dimostra anche come il lavoratore cerchi reciprocità dall’azienda, coinvolgimento e, ancora una volta, ascolto.
In cosa vogliono migliorare i lavoratori? E come vorrebbero farlo?
Se siamo tutti d’accordo sul fatto che la formazione sia importante, non c’è però un solo ambito in cui si concentri l’interesse dei lavoratori: gli intervistati hanno dichiarato in proporzioni più o meno simili di essere interessati a migliorare le competenze digitali, le competenze di leadership, quelle di comunicazione e lingue straniere. I responsabili aziendali si sono espressi a favore in particolare dei corsi sul digitale e, comprensibilmente, su quelli di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
Per quanto riguarda le modalità di apprendimento, anche in questo caso non ce n’è una largamente prediletta: il 41% degli intervistati preferisce i corsi online; mentre il 29% predilige un mix di online e offline, il cosiddetto blended learning.
Altro dato interessante è che il 41% degli intervistati preferirebbe formarsi durante l’orario di lavoro, ma la stessa percentuale vorrebbe poterlo fare anche durante il tempo libero.
Pare evidente che per quanto riguarda argomenti, tempi e modi della formazione le preferenze sono varie, ogni lavoratore ha le sue. Anche questo è un dato molto importante da tenere in considerazione, forse il più importante: non esiste un percorso di formazione che funzioni per tutti.
Conclusioni
La fotografia del lavoratore di oggi che ci restituisce questa indagine è quella di un professionista che ricerca la propria soddisfazione lavorativa attraverso anche la crescita personale che una buona formazione aziendale può dargli.
Non è un lavoratore passivo, ma anzi ricerca nuove opportunità di crescita. Si aspetta che l’azienda investa su di lui, ma allo stesso modo è disposto a impegnarsi e a prendersi le proprie responsabilità. E’ disposto a sacrificare parte del suo tempo libero per seguire la formazione professionale, perché sente che può farlo crescere non solo nella sua vita lavorativa, ma anche in quella personale.
D’altro canto è più esigente e vuole essere ascoltato dalla sua azienda. E’ finita l’era della formazione uguale per tutti, che è percepita come disattenzione nei confronti del dipendente. Sì, invece, alla personalizzazione dei percorsi formativi, sia dal punto di vista dei contenuti, che delle modalità e tempistiche di apprendimento.